Tempo di cene (aziendali, amicali, parentali) e non sapete che vino portare? Con uno spumante secco si va sempre abbastanza sul sicuro. Si abbina piuttosto facilmente con tutto, con le sue bollicine fa festa anche da solo, e in genere non intimorisce nessuno (e se siete alle prime armi con il vino e odiate sentirvi intimoriti, c’è un libro per voi, qui).
Gentile, succosa, bevibile. La Barbera piemontese è un’uva amichevole. Se la si tratta bene, con cura e attenzione, poi ripaga. “La Barbera è l’italianità del vino – ha commentato il consulente strategico e profondo conoscitore del mondo del vino Costantino A.Gabardi, che nell’ultima edizione del Barbera Wine Festivaldi Asti ha guidato una masterclass interamente dedicata a questo vitigno – E’ una delle varietà più diffuse nel mondo, dalla Nuova Zelanda al Sudamerica, perché è resistente, ha una buona produzione, e un’acidità sempre apprezzata.”
Maggio è il mese per eccellenza di Cantine Aperte, e con l’allungarsi delle giornate e l’alzarsi delle temperature, per gli appassionati di vino ricominciano anche le esplorazioni di regioni vinicole e la ricerca di nuove cantine da visitare. In genere, quando si parla di casi di successo in ambito enoturistico, intendendo con questo aziende con un alto numero di visite e un’altrettanto alto rating di gradimento da parte dei visitatori, si citano cantine iconiche, celebri in Italia e nel mondo, oppure – per i wine lover più esigenti – piccole realtà artigianali dove il focus è più sul racconto e le caratteristiche dei vini che non sull’estetica della cantina stessa.
Si sa che Vinitaly è più un momento di relazioni che di degustazioni vere e proprie, anche se di vini da assaggiare ce ne sono migliaia e le masterclass si sprecano. Alla fine sono tali e tante le etichette assaggiate in poco tempo, che solo alcune restano impresse per i motivi più vari. In questa seconda tornata, ne cito ancora qualcuna.
Sono stati giorni decisamente intensi e pieni, e a distanza di una settimana ancora qualcosa rimane, tra le pagine chiare e le pagine scure (cit.) dell’ultimo Vinitaly.
… ma anche per S.Faustino, S.Marianna, S.Policarpo, S.Edilberto, S.Scolastica, e qualsiasi altro santo o santa si preferisca. Il calendario ne è pieno, perciò ogni giorno si può festeggiare qualcuno. Per questa occasione abbiamo scelto un vino rosa.
Che bella, l’Umbria. Perfino nei giorni di pioggia-sole-pioggia-vento, anzi, soprattutto in quelli, perché i giochi di luce che si alternano su vigneti e colline, tra lame di luce che bucano nuvoloni grigio-ferro fintamente minacciosi e le tavolozze di verde che dominano il paesaggio, sono uno spettacolo nello spettacolo.
Per quanto si pensi di saperne abbastanza, soprattutto su argomenti di nicchia e iper-nicchia, l’Italia del vino continua a sorprendere con le sue gemme nascoste e disseminate ovunque. Come il Vinosanto umbro affumicato.
Era la fine degli anni ’90 quando il mondo del vino improvvisamente si accorse che era scoppiato un nuovo fenomeno: l’Amaronemania. Tutti pazzi per questo vino rosso, fatto con uve appassite, secco, laddove fino a quel momento l’unica associazione di idee che si riusciva a fare parlando di uve appassite era con i vini dolci.
Non starò a ricordare la vera storia dell’Amarone, che ormai dovrebbe essere nota: qui mi interessa ricordare come fu definito per la prima volta da uno dei più illustri capostipiti del giornalismo enologico ed enogastronomico italiano, Luigi Veronelli.